Emilio Gola

R. De Grada, G. Mascherpa, E. Gola, N. Colombo

 Emilio Gola
Emilio Gola: dalla villa al mondo
di Raffaele De Grada
p. 11
« Emilio Gola scompare dalla scena dell'arte italiana nel 1923 proprio quando l'ondata del primordialisamo con la recente passione per l'arte negra, oceanica e delle maschere incaiche e colombiane, passava dalla ristretta cerchia di pochi intellettuali all'opinione pubblica nel suo complesso. D'altra parte la cultura artistica contrapponeva all'amore per il primordio l'esaltante esperienza del realismo in chiave espressionista che veniva soprattutto dalla Germania, nella sua lunga tradizione originata dai maestri gotici della scultura e dell'arte germanica del Quattrocento e ora rinnovantesi con i contemporanei. Era dunque normale che l'arte di Gola, così profondamente ancorata al postimpressionismo lombardo, fosse considerata estranea alla ripresa neoclassicistica italiana e europea, così aliena come era stata dagli schemi primitivisti con i quali gli artisti moderni intendevano rinsanguare lo stanco naturalismo ottocentesco. La densità poetica del mondo semplice e univoco di Gola poteva tuttavia essere ammirata dalla critica che si apprestava a leggere l'opera fuori dalle chiavi di interpretazione dell naturalismo. Ma l'ammirazione per questo artista, che in vita fu considerato un « dilettante » con una eccezionale potenza di immaginazione, non valicava i confini di un' esperienza conclusa, anche se la fortuna di alcuni artisti come Arturo Tosi e Donato Frisia - quest'ultimo in misura minore - poteva indurre a riflettere sulla validità attuale dell'opera goliana impregnata di luce, senza risparmio di poetica energia. [...] ».